Un
silenzio irreale aveva invaso le strade della piccola cittadina della
Florida meridionale. Un silenzio così totale, perfino assordante,
che a Mariah Fox faceva più paura dell’uragano che fino
a pochi minuti prima si era abbattuto sulla sua casa e su tutto il paese.
Già, perché mentre il tornado sradicava gli alberi, scoperchiava
le case, alzava le auto facendole ruotare in aria come aeroplanini di
carta, l’istinto di sopravvivenza aveva preso il sopravvento sulla
paura, infondendole quel coraggio che Mariah, in quel momento, sentiva
di aver perso. Troppe cose nel breve volgere di pochi mesi avevano stravolto
la sua tranquilla esistenza: la morte della madre aveva creato un vuoto
incolmabile nel suo cuore e vedere l’abitazione dove con lei era
cresciuta ridotta a quattro muri sbilenchi, senza più
un tetto, circondati da cumuli di
detriti, sembrava toglierle le ultime residue forze. Ma lei non poteva,
non doveva lasciarsi andare, lo pensò intensamente, con tutto
il cuore, pregò, non per lei, ma per il bambino che portava in
grembo, per quella vita che non poteva ancora decidere se arrendersi
oppure no. |
Così, mentre le sue mani si stringevano più forte, mentre i suoi occhi guardavano il cielo più intensamente, uno scricchiolio attirò la sua attenzione. Giungeva proprio dall’ingresso del garage dove aveva trovato rifugio. L’uragano era stato fortissimo, con venti che soffiavano ad oltre 300 Km orari e la distruzione era totale, non c’era casa che non fosse stata colpita, così Mariah credeva di essere rimasta sola nel piccolo paese. Ma quel rumore dimostrava il contrario. Dal raggio di sole, che nel frattempo aveva squarciato il cielo plumbeo, sull’uscio del garage apparve un tenero batuffolo bianco. Il gatto miagolava insistentemente e si avvicinava con passo deciso verso la donna e quando la raggiunse la riempi di fusa. La Fox si fece avvolgere da quell’irruente manifestazione di affetto che contraccambiò con carezze ed abbracci. Quel micio, anzi quella micia e per giunta in dolce attesa anche lei, le stava portando conforto e quella gioia e quella voglia di vivere che l’uragano le aveva violentemente portato via. Mentre il sole immortalava quel tenere abbraccio fra le due mamme, delle grida giunsero da fuori: “Bright Day, dove sei? Bright Day”. La micia continuava a muoversi intorno alla donna strusciandosi e facendole le feste ma contemporaneamente continuava a miagolare, come a voler attirare l’attenzione di quelle voci. Entrarono, così, degli uomini nel garage: erano il sig. Stevenson con il figlio, che abitavano a due isolati da lei. Mariah li abbracciò piangendo dalla gioia. I vicini la rincuorarono e le spiegarono che tutti, nonostante la violenza dell’uragano, si erano salvati e si erano rifugiati nella chiesa del paese, l’unico edificio rimasto intatto. La donna domandò della gatta, non sapeva che gli Stevenson ne avessero una, ed in effetti era così. Quella gattina l’aveva trovata il figlio nel giardino comunale e l’aveva chiamata “Bright Day”, ovvero “Bel giorno”, perché in quel momento stava ascoltando una canzone cantata da Ziggy Marley e dai Melody Makers dal titolo omonimo. Quella micetta dal mantello candido come la neve sembrava proprio un angelo, pensò la donna, e come un angelo custode l’aveva aiutata conducendo quegli uomini da lei per portagli aiuto. Le due mamme divennero inseparabili e la gatta con la sua presenza, con quei suoi sguardi così amorevoli da sembrare già quelli di una mamma, infondete coraggio e voglia di vita a Mariah e sembro quasi guidarla in quei mesi di dolce attesa al lieto evento. Perfino il giorno del parto fu lo stesso per entrambe. Quando nacque il piccolo George, “Bright Day” diede alla luce cinque meravigliosi gattini. Furono giorni di gioia immensa in cui la donna si sentì in forte simbiosi con la bianca micia. Una sera, quando ormai Mariah aveva superato tutte le difficoltà, la gatta, che si era acciambellata su di lei, la guardò con intensità e con amore, sembrò quasi dire “Ora sei forte, |
non hai più bisogno di me. Continua da sola per te e per il tuo George”, poi con dolcezza ed eleganza, scese dalle sue ginocchia e si avviò verso l’uscita. Ma prima di andar via per sempre si girò verso Mariah, lo fece per salutarla un ultima volta, come faceva sempre la sua mamma ogni volta che andava al lavoro ed allora alla donna, in quel momento in cui la realtà si confuse con il sogno, le sembrò di vedere un sorriso sul musetto di quel meraviglioso angelo bianco dalle sembianze feline. Fu un momento meraviglioso che rivive ogni giorno nel cuore di Mariah insieme al dolce sorriso di sua madre. |