Tempo fa ci scrisse
una lettrice, raccontandoci di un brutto episodio che
gli era accaduto. Una sera d’inverno, mentre
tornava a casa, vide riverso sul marciapiede un povero gattino
nero. Qualche teppista del luogo lo aveva evidentemente preso
a bastonate. Il micio era a terra, sanguinante, ed
emetteva flebili miagolii. La nostra amica si avvicinò
per prestargli soccorso, tese la mano per accarezzarlo, ma,
con le ultime energie trovate chissà dove in quel povero corpicino
martirizzato, il felino emise un grido minaccioso. Il gatto
aveva ormai perso la fiducia nel genere umano. E come dargli
torto! D’altronde, di lì a poco, anche la donna fu assalita
dal medesimo sentimento: si guardò intorno in cerca di aiuto,
ma i passanti, aumentando la falcata, fecero finta di niente, troppo
immersi nei loro problemi, nei loro impegni. L’indifferenza
delle persone gelò la nostra lettrice più del
freddo intenso di quella sera. Tentò allora di sollevare
il micio, ma un miagolio, questa volta pietoso, ed uno |
sguardo del gatto diretto al cuore la fecero, per umana compassione, desistere. L’immagine finale di quel racconto mi colpì profondamente: lei seduta, con il capo chinò sul micio, la pioggia che cadeva fitta, bagnandole i capelli, scivolandole sul viso, mischiandosi alle sue lacrime, ad un pianto in cui tutto l’universo sembrava unirsi, tranne l’umanità lì presente. Non mi vergogno a dirvi che, nell’intimità della mia stanza i miei occhi si bagnarono. Erano i giorni a cavallo del ricordo dell’olocausto e, spero che nessuno si offenda, istintivamente associai il destino persecutorio degli ebrei a quello che per molti secoli hanno avuto i gatti, specie quelli neri. Anche gli ebrei furono colpiti dall’indifferenza, uccisi nell’animo dall’egoismo di molti. Per fortuna ci furono anche altri che con i loro gesti, a volte anche estremi, li aiutarono, riabilitandoci, almeno in parte, come genere umano. Così, spero che il dolore vissuto dalla nostra amica sia servito a dare conforto al povero micio, consegnandogli un atto di amorevole pietà, un ricordo migliore di noi umani nell’affrontare un viaggio verso un mondo migliore. Ecco, forse uno spicchio di quel mondo migliore, fatto di sensibilità, di amore verso il prossimo, di solidarietà c’è l’ha dato la nostra amica. Ed allora quel dolore che si prova in certi momenti, può essere lenito, anzi sconfitto, dalla consapevolezza che le nostre azioni possono aiutare a migliorare noi stessi. Forse è un discorso utopistico, ma credo che solo con l’utopia si possa sperare di cambiare. I nostri gesti possono apparire piccoli ma anche il cammino più lungo inizia con un passo, e forse, ognuno di noi può essere quel passo. |