La forte personalità
del gatto e la sua indole indipendente hanno allungo alimentato la falsa
idea che il gatto sia un animale solitario ed un cattivo compagno per
l’uomo. Gli amanti dei gatti hanno sempre sostenuto,
ovviamente, il contrario ed instaurato con loro un rapporto profondo:
condividono volentieri il proprio letto, li sommergono di coccole ed
attenzioni, gli parlano quotidianamente convinti che i loro piccoli
amici siano in grado di comprenderli e di percepire i loro sentimenti
e stati d’animo. Certo il gatto ha molte frecce al suo
arco per suscitare tenerezza ed affetto: lo sguardo sornione
e selvaggio, il pelo morbido e lucido a cui appare impossibile negare
una carezza, i delicati ed eleganti movimenti. Ma tutto questo
ben poco servirebbe se i mici non cercassero un vero rapporto con gli
umani e se non fossero in grado di esprimere il loro affetto.
I recenti studi, infatti, |
dimostrano come “i gatti soffrono l’assenza dell’oggetto d’amore, ossia, il padrone che lo nutre e lo coccola” a sostenerlo il noto entomologo G. Celli, ed a confermarlo, afferma Moussaieff Masson, basta osservare i gatti ospitati nei diversi ricoveri: al passaggio dell’uomo allungano le zampine fra le sbarre nel tenero e disperato tentativo di attirare l’attenzione, di ottenere un contatto umano, nel senso più profondo e nobile del termine. Insomma l’immagine del gatto infimo e scaltro, privo di sentimenti e pronto solo a sfruttare l’amicizia umana per ottenere cibo e protezione viene sempre di più sgretolata non solo dall’esperienza quotidiana di milioni di amanti dei gatti, ma anche dall’osservazione e dagli studi dei migliori etologi.” Il gatto soffre se viene abbandonato, perché con l’uomo costruisce una relazione molto profonda”, Roberto Marchesini, etologo e zooantropologo. |